Solidarietà sociale ed adozioni a distanza in Africa

Testimonianza di: Serena

E’ circa una settimana che sono tornata dalla Costa D’Avorio e mi hanno chiesto di scrivere una testimonianza di quella che è stata la mia esperienza in quella terra così antica di storia, ma così giovane di umanità.
Mi sono domandata allora che cosa aveva lasciato di indelebile in me questa esperienza; erano forse i colori abbaglianti, la ricca vegetazione e gli odori pungenti? No, non era questo.
Non è stata la prima volta che atterravo sul continente Africa, infatti due anni fa circa avevo trascorso quattro settimane in Sudafrica, dove abita mio zio; però stavolta ero consapevole che ciò che mi attendeva non era la solita vacanza, ma un’esperienza che sarebbe sicuramente servita in qualche modo misterioso a Dio per farmi crescere.
Insieme alla consapevolezza che questo viaggio fosse un dono alla mia esistenza, mi sono interrogata su quale fosse il senso della mia presenza là, che cosa ci rappresentavo io lì per quella gente.
Appena arrivata quello che immediatamente mi ha colpito è che con tutta la realtà, nelle sue migliaia di sfaccettature, si ha un contatto diretto, le distanze vengono da subito annullate, non c’è formalità, né apparenza perché ciò che si vede è ciò che è.
Tutti ti danno la mano, tutti cercano un contatto fisico, ma soprattutto tutti ti guardano negli occhi, cosa che nella nostra realtà avviene spesso per sbaglio, talvolta per curiosità, di rado per amore.
Non intendo fare un discorso morale e neppure voglio lanciare un nuovo slogan che possa invogliare qualcuno a fare una nuova adozione a distanza, è solo una constatazione di fatto, con i suoi pro e i suoi contro.
Esistono infatti anche degli aspetti di questa terra che sono molto meno “romantici” di come ci vengono inculcati e parlando di questo non mi riferisco né ai bambini col pancione che appaiono molto spesso sui nostri televisori, né tanto meno ai tanto declamati scempi del colonialismo, ma a quei problemi profondi che nascono quando due culture così radicalmente e storicamente diverse si incontrano.
Così mi sono chiesta quale sia l’unica cosa che gli esseri umani possano reciprocamente scambiarsi per essere un’umanità libera (nella sua accezione più vasta).
Stando là mi sono resa sempre più conto che non si può dare niente di vero se non che la testimonianza della presenza di Cristo nella nostra vita e questo è ciò che fa Don Pasquale ogni giorno e lo fa attraverso la sua costante presenza e nel dare la possibilità a qualsiasi persona che lo voglia di rendersi libera attraverso quel mezzo essenziale che è l’istruzione.
Serena Bedini

03/01/1998

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